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Bisogna darsi una mossa. Dare uno scossone al motore del nostro organismo, a quel processo di reazioni che ne gestisce accrescimento, rinnovamento e mantenimento. Il metabolismo – per dirlo con le parole della nutrizionista americana Haylie Pomroy, che tra i suoi clienti vanta nomi come Jennifer Lopez e Reese Witherspoon, e ha scritto il saggio La rivoluzione metabolica (Harper Collins), nelle librerie in questi giorni – è il segreto di un corpo sano in grado di mantenere un peso sano. I chili in più sulla bilancia o i centimetri di troppo sul girovita, infatti, non sono solo una questione estetica. Come afferma l’oncologo Antonio Moschetta nell’altrettanto nuovo Il tuo metabolismo (Mondadori): «È fondamentale conoscere i meccanismi per mezzo dei quali convertiamo il cibo che assumiamo in energia per costituire riserve, alimentare muscoli, cervello e organi vitali». È importantissimo perché se questo meccanismo si inceppa dobbiamo correre ai ripari. Ecco i consigli degli esperti per riattivare il metabolismo e recuperare peso forma e benessere.
Ma come si fa a capire se il nostro ritmo metabolico non funziona? La dottoressa Pomroy lo spiega con chiarezza: diventa evidente se ingrassiamo con facilità, magari nonostante un regime alimentare ferreo; se abbiamo notato un’improvvisa comparsa di rotolini di grasso in punti prima insospettabili: addome, lungo le bretelline del reggiseno, fianchi, sotto le braccia o dietro le ginocchia; se avvertiamo dolori a muscoli o giunture; se ci sentiamo troppo spesso senza energie o abbiamo sbalzi d’umore incontrollabili; se abbiamo problemi a prendere sonno o un calo della libido; se la nostra termoregolazione fa i capricci. Tutti fastidi che potrebbero essere causati da una disfunzione metabolica, ovvero dall’incapacità del nostro organismo di bruciare efficacemente i grassi per trasformarli in energia. Succede perché il corpo non sta ricevendo i micronutrienti che gli servono o perché si sta attraversando un periodo di stress. E mentre l’organismo, a causa della carenza percepita, chiede di mangiare di più, accumula energia sotto forma di grasso, instaurando un circolo vizioso.
Il quadro clinico più a rischio è quello descritto dal dottor Moschetta, che è anche docente dell’Università di Bari e ricercatore dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, come sindrome metabolica: gli scienziati hanno dimostrato che è collegata non solo ai chili di troppo, ma anche al rischio di patologie cardiovascolari e oncologiche.
Inutile girarci troppo intorno. Essere grassi è un problema. La buona notizia è che, contro ogni deprimente previsione di interminabili diete, dimagrire in fretta si può. E non fa male. Anzi. Secondo le più recenti ricerche del National health and medical research Council, il ritmo del dimagrimento non influisce sulla quantità di chili ripresi nell’arco delle successive 144 settimane; mentre uno studio dell’Università della Florida ha confermato che il dimagrimento rapido ha vantaggi sia sul breve sia sul lungo termine. Dimagrire in fretta significa perdere dai 2,5 ai 5 etti al giorno, ma soprattutto significa far ripartire il metabolismo e riattivare il sistema ormonale. Certo, ognuno si rimette in moto a modo suo, e ognuno deve tarare la combinazione dei nutrienti a propria misura. Si tratta cioè, come sempre, di definire una dieta sartoriale. La dottoressa Pomroy, per esempio, nel suo libro dà indicazioni precise, a cominciare dal calcolo del livello della propria disfunzione metabolica. Non solo. Insegna anche come calcolare il valore del nostro Pim, ossia il Punto di intervento metabolico, che si determina dividendo il numero 6,35 per il peso segnato dalla bilancia appena svegli e poi moltiplicato per 100. A diversi Pim corrispondono diversi programmi alimentari (anche questi presenti nel libro), tanto che alla fine il cibo, all’inizio percepito come il principale nemico, si trasforma nel migliore alleato.
Esistono dei cibi che sembrano perfetti per bruciare i grassi in fretta. Per esempio, oltre al solito sedano, anche rafano, senape e zenzero; ananas, arancio e ciliegie nella frutta; grano saraceno, farro e riso integrale per i cereali; e poi tutti i legumi e i funghi. Insomma, niente di trascendentale, se non per il divieto assoluto di consumare grano (ma non il germe di grano), latticini, zucchero raffinato (ne bastano due cucchiaini per bloccare il dimagrimento per tre o quattro giorni) e perfino soia (eccetto gli edamame, i fagioli acerbi nel baccello), essendo per natura ricca di quegli estrogeni che causano l’aumento del girovita.
Altro alimento nemico assoluto del buon metabolismo, specialmente a stomaco vuoto, è il caffè, visto che provoca un forte stress alle ghiandole surrenali, le stesse responsabili del mantenimento di livelli adeguati del cortisolo (l’ormone dello stress), dell’aldosterone (che controlla il metabolismo dei grassi) e degli zuccheri nel sangue. Oltre a questo, è molto importante nutrirsi al momento giusto. Per alimentare il fuoco metabolico, secondo la dottoressa Pomroy bisogna mangiare cinque volte al giorno, cominciando entro i primi 30 minuti da quando ci si alza dal letto al mattino e non lasciando mai trascorrere tre o quattro ore tra uno spuntino e l’altro (tranne quando si dorme, ovviamente). Questo significa che dovremmo mangiare circa 35 volte ogni settimana, molte di più rispetto a quelle a cui siamo abituati.
Ma il cibo ha un potere ancora più grande. Il motivo risiede nel tessuto adiposo che, secondo il dottor Moschetta, può essere considerato un vero e proprio organo in grado di influenzare il metabolismo di tutto l’organismo. Ma ci sono dei cibi in grado di trasformarlo, e conoscerli è cruciale: «Esistono principi nutrienti che hanno un effetto benefico sulla salute. Sono in grado di bloccare la sintesi del tessuto adiposo bianco, dove si accumula il grasso, e di “scioglierlo”», dice l’oncologo. «Per esempio, la capsaicina contenuta nel peperoncino è in grado di attivare geni che inducono un processo definito con il termine anglosassone browning: consiste nel trasformare il tessuto adiposo bianco “cattivo” in quello bruno e “buono”, capace di sfruttare i grassi per proteggere il corpo dal freddo. Stessa azione hanno la curcumina e due polifenoli: l’oleuropeina, presente in alcuni oli extravergine, e il resveratrolo, presente nella buccia dell’acino d’uva».
Gli studiosi ne sono sempre più convinti: l’eccesso di grasso addominale può
predisporre a malattie e tumori. Abbiamo approfondito l’argomento con l’oncologo Antonio Moschetta. Ecco cosa ci ha spiegato.
Lei dà molta rilevanza alla misura della circonferenza addominale. Come mai è così importante?
Ormai è un dato scientifico consolidato: la circonferenza della vita è un indicatore correlato alla possibile insorgenza di una malattia. Un famoso studio scientifico lo ha dimostrato: le persone tra i 40 e i 50 anni esaminate, che in un decennio avevano sviluppato una circonferenza addominale superiore ai 100 cm, hanno visto raddoppiare non solo il proprio rischio di ammalarsi,ma anche l’effettiva comparsa di patologie.
Tenere sotto controllo il peso è un modo per prevenire anche il cancro?
Sì. Sappiamo che il grasso viscerale contribuisce alla crescita dei tumori. Il suo aumento alza sia i livelli di insulina sia l’infiammazione. E questo meccanismo è associato, per esempio, a una crescita del rischio di sviluppare un tumore del colon. Il tessuto adiposo, poi, produce aromatasi, un enzima che regola la produzione degli estrogeni implicati nella formazione del tumore al seno. È interessante osservare
che numerosi tumori nascono all’interno o vicino ai depositi di grasso, suggerendo che
le loro alterazioni potrebbero rappresentare uno stimolo alla crescita del cancro.
Quali sono gli alimenti che evitano l’accumulo dei grassi?
Ognuno di noi reagisce al cibo in modo diverso, ecco perché l’alimentazione dovrebbe essere su misura. Contrariamente a quanto si pensa, una circonferenza addominale oltre gli standard non è causata necessariamente da un’alimentazione ricca di grassi: anche l’eccesso di carboidrati e zuccheri favorisce l’accumulo di adipe. L’errore da evitare è quello di introdurre zuccheri dopo le 17. Alla sera, questi vengono convertiti in lipidi a livello epatico, generando il cosiddetto "fegato grasso" e la famosa pancetta. Gli acidi grassi accumulati nell’addome favoriscono quell’infiammazione basale causa di molte malattie.